giovedì 15 settembre 2011

I soliti eroi

Perdendosi tra un telefilm e l'altro capita spesso di soffermarsi sui diversi personaggi, immedesimarsi, appassionarsi e cercare di entrare nelle loro vite. A volte i protagonisti delle nostre serie preferite possono anche somigliarsi tra loro, ritroviamo dei tratti comuni, delle caratteristiche a cui ci affezioniamo e un certo tipo di personaggio può riproporsi. E così ci capita per esempio di pensare a quanto sia bella Blair Waldorf, l'eroina di Gossip Girl e ci chiediamo dove avevamo già visto tutto questo. Mora, ricca e snob, con un sacco di problemi familiari e insicurezze che riversa sui compagni del liceo, sui quali tenta in ogni modo di primeggiare, dai quali vuole distinguersi. Maschera la sua insicurezza con vendette e sotterfugi, ignorando o distruggendo tutti coloro che non vengono ritenuti alla sua altezza; ma si rivela essere anche una persona dolce e ricca di sentimenti positivi. E quando scopriamo che il creatore della fortunata serie, Josh Schwartz, è lo stesso di The O.C. riconosciamo presto le caratteristiche fisiche e interiori che avevamo lasciato nella grintosa Summer Roberts



Le differenze tra i due personaggi ci sono, ma lo stereotipo è quello, come con le protagoniste bionde delle due serie, Marissa Cooper e Serena Van Der Woodsen. Fisico slanciato, chioma fluente e grande fascino, dotate di forte influenza e popolarità, si contraddistinguono perché risultano presto essere le bad girl della situazione. 




Così accade spesso, anche pensando a un genere diverso come quello della sitcom. Se prendiamo per esempio Scrubs e How I met your mother, nonostante l'ambientazione e la trama siano totalmente diverse (fortunatamente, grazie all'originalità dei produttori), ci rendiamo conto che le dinamiche e gli stereotipi ricorrono da una serie all'altra. L'inseparabile gruppo di amici, il protagonista un po'all'antica, puro e ingenuo sognatore, da sempre innamorato della stessa ragazza difficile e freddina con cui ha avuto importanti trascorsi, la coppia affiatatissima che si sposerà, l'amico donnaiolo e risoluto. 




Gli stereotipi ci sono in ogni film, in ogni serie tv e rappresentano forse quel filo conduttore che ci tiene incollati al divano e che ci fa sognare di essere in quel determinato modo. Chi non vorrebbe essere bella e popolare come la nostra protagonista preferita? Quello però che aggiunge un valore a ciò che guardiamo è la sfaccettatura che colora lo stereotipo. Ci rendiamo conto che spesso anche chi viene dipinta come una madre perfida e isterica, come l'aggressiva Julie Cooper, nasconde in realtà un'inguaribile sognatrice con un desiderio di amore e felicità. È questo che ci fa affezionare ai nostri personaggi, principali o secondari, lo stereotipo, ma sempre farcito di coloriture e sfumature.





mercoledì 14 settembre 2011

Moon

Tra Solaris e 2001, uno sci-fi anacronistico e di forte impatto visivo, diretto dal figlio di David Bowie, Duncan Jones.


Sam Bell (Sam Rockwell), astronauta in missione triennale sulla luna come supervisore all'estrazione dell'Helium3, fondamentale per produrre energia pulita sulla terra, è quasi alla fine del suo contratto. È solo, se si esclude l'intelligenza artificiale di GERTY, robot di bordo. In seguito a un incidente durante una ricognizione, scoprirà che niente è quello che sembra; neanche lui stesso.


La luna di Moon è quella vecchia, senza vampiri e lupi mannari adolescenti, quella silenziosa distesa di terra grigia. Quella che vediamo splendere nel cielo di una notte senza nuvole. Quella stessa luna che in un futuro fin troppo prevedibile, in cui la terra sta per soccombere a causa dell'inquinamento, si scopre essere fonte di energia pulita. Essere da tre anni sulla luna con la sola compagnia di un robot e con le comunicazioni dirette con la Terra, con una moglie sempre più fredda a ogni videomessaggio e una figlia a malapena vista nascere, bloccate da un guasto, non deve essere facile. È facile, anzi, mostrare qualche segno di squilibrio, allucinazioni e la spiccata tendenza a parlare con le piante; inutile dire che Sam Rockwell ci va a nozze, regalandoci probabilmente la sua interpretazione più intensa. Opera prima del regista Duncan Jones, il figlio primogenito di David Bowie, Moon è una vera sorpresa.




Stupisce la capacità di fare un film dal così forte impatto visivo con un budget limitato, solo 5 milioni di dollari. Sorprendono i colpi di scena, la colonna sonora di Clint Mansell incanta. A prima vista è difficile non pensare a 2001: Odissea nello Spazio di Kubrick; gli elementi in comune sono molti, a partire dal robot di bordo GERTY, cugino gentile e accomodante di HAL ,che nella versione originale ha la voce di Kevin Spacey e che, idea geniale, mostra il suo umore con delle emoticon. Vengono in mente anche Solaris e perfino Blade Runner.
Moon, però, non dà l'impressione di essere una brutta copia di un film già visto, neanche per un secondo; gli manca lo spunto del campione nel finale, ma si sarebbe corso il rischio di banalizzare spiegando troppo. È una piccola perla nella fantascienza di oggi, nascosta fra mostri e alieni. Da non perdere.


lunedì 12 settembre 2011

Tron: 30 anni dopo

Il sequel del film che diede il via al filone del cyberpunk e che fece conoscere il mondo degli hacker al grande pubblico...

Nel 1982, Tron fu il primo film ambientato in una realtà virtuale capace di rivoluzionare il cinema fantascientifico, e diede vita a un filone cyberpunk che porta fino a Matrix e oltre. Pur non avendo raggranellato incassi stratosferici, è stato presto assunto nell'olimpo dei cult movie grazie anche all'omonimo videogame, uscito nello stesso anno. Un vero e proprio fenomeno di massa spesso citato anche per essere stato uno dei primi film ad affacciarsi sul mondo emergente degli hacker, facendolo conoscere al grande pubblico. In questi ultimi 28 anni la tecnologia nel cinema ha fatto passi da gigante: la Computer Grafica non ha (quasi) più limiti e il 3D è sempre più spettacolare. Di qui la scelta dei produttori Disney di ringiovanire il mito di Tron giocando la carta del più classico dei sequel.



Ed ecco Tron Legacy. La trama è tutt'altro che originale: il figlio di Kevin Flynn, Sam, è alla ricerca di suo padre scomparso da 25 anni. Lo troverà nell'universo digitale del primo film, che con gli anni si è evoluto tecnologicamente diventando sempre più ricco di insidie e pericoli. Il teaser trailer che gira in Rete in questo periodo mostra un mondo virtuale, chiaramente ipertecnologico, ma lontano anni luce da quello del 1982, girato in bianco e nero e colorato in post produzione; per non parlare delle nuove LightCycle, le moto virtuali protagoniste della scena più famosa del film, nella nuova veste “neon”, che promettono di dare vita a corse mozzafiato.




Tron Legacy sarà anche il debutto alla regia di Joseph Kosinski. E per quanto possa stupire che un  progetto così colossale sia stato affidato a un esordiente, la mossa non è stata azzardata. Un indizio? Ricordate la pubblicità di Gears of War con “Mad World” nella versione di Gary Jules come musica? Ecco: è sua. E seppur breve, non è niente male. Tra gli attori troveremo Jeff Bridges, Bruce Boxleitner, che interpretò anche il film del 1982, e Olivia Wilde (Dr. House). Per la colonna sonora, invece, l'azzeccatissima scelta sono due ragazzi francesi che fanno musica elettronica travestiti da robot: i Daft Punk. Non ci aspettiamo una nuova rivoluzione; ma un buon film d'azione che non faccia rimpiangere troppo l'originale e che magari permetta alle nuove generazioni di scoprire il cult movie del 1982.

Amabili resti

A cinque anni da King Kong, Peter Jackson torna con la storia di un omicidio da una prospettiva del tutto insolita. Da un romanzo di Alice Sebold...

Il 6 Dicembre 1973, Susie Salmon viene brutalmente assassinata dal suo vicino di casa George Harvey. Susie, dopo la morte, si trova in una dimensione onirica tra il paradiso e la realtà e pur non riuscendo a interagire direttamente con le persone che conosce, osserva le loro vite e le influenza.


Gli Amabili Resti sono ciò che rimane di Susie Salmon, sono quel collegamento con la quotidianità di cui si nutrono i suoi cari. Un incipit tragico, vicino alla realtà di una cronaca nera che ben conosciamo. La storia di una vita spezzata, di sogni infranti, di dolore e distruzione. Una tragicità che nel corso del film si intreccia a un colorato surrealismo dal notevole impatto visivo; sconfinate distese paradisiache accolgono l'anima della protagonista, trascinandoci in un'atmosfera di angosciosa serenità. Nell'esplorazione di questo pittoresco aldilà non scorgiamo gli spunti di un'iconografia religiosa, piuttosto del surrealismo di Dalì e Magritte.

 







Ma la pecca del film è l'impronta di un  regista 
abituato a lavorare da una decina di anni  con 
colossal e storie epiche, quali Il Signore   De-
gli Anelli e  King  Kong,  uno  stile   probabil-
mente inadatto ad Amabili Resti.  La bellezza
di  Amabili Resti   sta  nelle  immagini  e  nel 
grande impatto visivo.   L'ambiente ultraterre-
no viene abilmente dipinto con metafore e ar-
ricchito da una toccante simbologia che permette a Susie di restare in contatto con le persone che ama, di percepire le loro sensazioni e lasciarsi a sua volta sfiorare da loro. Tutto questo viene però reso solo da efficacissime immagini surreali. Ottimo il lavoro della Weta Digital, ma l'eccessiva cura di questo aspetto lascia quasi totalmente inesplorato il campo delle emozioni. Intorno alla straziante tematica fondamentale ruotano tutta una serie di sentimenti e situazioni che necessiterebbero di una maggiore introspezione psicologica.



L'amore di una famiglia, un innamoramento che si scoprirà troppo tardi essere corrisposto e un fatidico bacio non dato. La storia presupporrebbe un forte coinvolgimento da parte dello spettatore, una commozione che invece manca, a causa di una narrazione frammentaria e di un'interpretazione attoriale anonima e fredda. Accostando Amabili Resti ad un film dalla tematica simile, Mystic River, si evince una diversa focalizzazione sui personaggi. Clint Eastwood ne fa il perno della sua narrazione (Sean Penn vincerà l'Oscar), Peter Jackson sembra tralasciare la componente umana. Attraverso la condizione della giovane, vediamo il film imperniarsi su diversi spunti narrativi. Susie esplora l'esistenza degli altri personaggi, cercando con loro un'intimità e un approfondimento delle loro vite. Improvvisamente però vediamo lo scioglimento della trama arrestarsi in superficie e, soffocato da una meravigliosa ombra di colori, non lasciare spazio a una più profonda interpretazione.